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venerdì 10 luglio 2009

L'Italia non esiste

In Italia vi è un'assimilazione della "teoria naturale".

1851, Pasquale S. Mancini - Nazione: una società naturale d'uomini, da unità di territorio, d'origine, di costumi e di lingua conformata a una comunanza di vita e di coscienza sociale. Una società che doveva essere vivificata dalla coscienza della nazionalità. Quindi: 1 - popolazione; 2 - territorio; 3 - origini comuni; 4 - lingua; 5 - senso d'appartenenza, quindi, elemento volontaristico (senza il quale vengono logicamente meno i primi 4 punti).


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1 - Popolazione

Dal III millennio a.C. agli autoctoni si sovrapposero popoli dell'Europa centrale:

- Protolatini: siculi, itali, entri, latini etc..

- Italici: Oschi e Umbri

- Paleoveneti

- Celti

- Etruschi

- Greci

Con la "romanizzazione" (assimilazione di costumi, leggi, lingua, etc.) tale mosaico viene meno, ma prima che tale processo si concludesse, con il crollo dell'impero, si ha un fenomeno di "deromanizzazione" ad opera degli invasori e di conseguenza lo sviluppo di un nuovo mosaico non molto meno complesso del precedente.

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2 - Territorio

All'Italia - stato nel corso degli anni si è cercato di dare come supporto indubitabile, un'Italia partorita dalla natura: la cosiddetta "penisola". Secondo la geografia fisica però, non esiste affatto una regione naturale etichettabile come "Italia".

L'Italia da un punto di vista geografico non è altro che l'unione di cinque regioni naturali:

- Padania

- Appenninia

- Sicilia

- Sardegna

- Corsica

Da questo punto di vista, l'Italia può esistere soltanto "contro natura".

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3 - Origini comuni

Il termine "Italia" è stato coniato dai Greci che si stabilirono nella penisola a partire dall'VIII sec a.C. Inizialmente stava ad indicare soltanto l'odierna Calabria meridionale e successivamente tale termine inglobò territori sempre più verso nord.

· III sec. a.C.: i Romani dopo essersi impossessati del termine in questione, fanno giungere il limite settentrionale fino a metà dell'attuale Toscana.

· I sec. a.C.: la Pianura Padana viene inserita nell' “Italia” romana (Alpi, Sicilia, Sardegna e Corsica non sono incluse)

L'Italia è per i Romani soltanto un concetto geografico e non etnico (non a caso è divisa in 11 regioni a denominazione di origine etnica: Liguria, Etruria, Umbria, Lucania etc. Questo a dimostrazione delle diversità di base di quest'entità).

· V-X sec.: crolla l'Impero romano d'Occidente e si susseguono barbari, bizantini, longobardi e gli arabi in Sicilia. Il termine "italia" si smarrisce anche quale connotazione meramente geografica.

· XII-XIII sec.: nasce il Regno di Sicilia (così si consolidano le già grandi diversità economiche, culturali e sociali tra il sud e il resto), lo Stato della Chiesa e quella miriade di formazioni politiche quali i comuni, le signorie etc.

· XIV-XVIII sec.: arrivano i francesi, gli spagnoli e gli austriaci.

· XIX-XX sec.: Con il Congresso di Vienna i vincitori ripristinarono in parte la situazione pre-napoleonica dividendo l'Italia in 11 stati (gran parte dei quali sotto "tutela" straniera). Successivamente si avrà la nascita del Regno d'Italia.

Ha senso, a fronte di tutto ciò, parlare di origini o storia comune del cosiddetto "popolo italiano" ? E ha senso far coincidere il "Sorgimento" dell'Italia con l'Impero Romano, quando i romani stessi non consideravano Italia, quell'Italia che poi si vuol far credere come tale tramite il Risorgimento? Come può quindi, risorgere, ciò che non è mai esistito ?

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4 - Lingua

Così come l'identificazione delle regioni naturali è demandata alla geografia fisica, l'identificazione delle lingue è compito della scienza linguistica.

Attualmente la maggior parte degli Stati possiede una lingua ufficiale, lingua che in genere è codificata nell'ortografia, nel lessico, nella grammatica e nella sintassi. In genere, sbagliando, si tende però a chiamare "lingua", soltanto quelle lingue codificate e considerate ufficiali, mentre tutto il resto viene liquidato come "dialetto". Tali lingue ufficiali però, in genere, non sono altro che il frutto di un dialetto o di più dialetti con dati caratteri comuni.

La situazione linguistica di un secolo e mezzo fa nell'Italia - regione è raggruppabile in tre sistemi:

· lingue estranee alla romanizzazione: tedesco, sloveno e greco;

· lingue derivate dalla romanizzazione ma non peculiari della regione: francese e occitano;

· lingue derivate dalla romanizzazione e peculiari della regione: toscano; dialetti che pur discostandosi dal toscano vanno a comporre un sistema dialettale più vasto comprendente anche il toscano (è stato però appurato che i dialetti di questo sistema non condividono alcun tratto distintivo comune); sardo.

La lingua italiana quindi, tanto sbandierata quale carattere distintivo della "nazione italiana", appare, secondo la scienza linguistica, una nozione totalmente priva di fondamento.

Se mai bastasse la lingua a creare una nazionalità, dovremmo in tal caso iniziare a parlare di una Padania - nazione, di una Toscana - nazione, di un Mezzogiorno - nazione, di un Friuli - nazione e di una Sardegna - nazione, poiché questo, attualmente, è lo schema che va per la maggiore.

Secondo Tullio De Mauro, nel 1861, su una popolazione di circa 22.000.000 di abitanti, la lingua italiana era conosciuta soltanto da circa 600.000 persone, di cui 400.000 erano toscani. L'analfabetismo non giustificava certo tutto ciò, poiché l'italiano era abitualmente utilizzato da meno del 10% dei non analfabeti.

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5 - Senso di appartenenza

Per quanto riguarda lo sviluppo di questo argomento, l'autore è andato occupandosi di ciò che da un punto di vista strettamente democratico, ha legalizzato (ma non per questo legittimato) la nascita del Regno d'Italia e cioè i Plebisciti.

· 1859, la Lombardia viene annessa senza alcun plebiscito: 11 anni prima, dopo l'insurrezione milanese e il successivo arrivo delle truppe sarde in città, essendo l'ipotesi prevalente quella di una "Confederazione di stati italiani", il governo provvisorio di Milano rifiutò l'annessione immediata e propose un referendum in cui si proponeva una "fusione" tra i due Stati (scioglimento delle Camere piemontesi, elezioni a suffragio universale per l'elezione di un'assemblea costituente e governo misto residente a Milano per gestire tali elezioni). Quando però nel 1859 le truppe sarde tornarono nuovamente in città, la Lombardia venne semplicemente annessa senza alcun plebiscito e il Regno di Sardegna vi estese il proprio ordinamento amministrativo e le proprie leggi. Scrisse Carlo Cattaneo "Il Piemonte era inferiore in diritto penale alla Toscana, in diritto civile a Parma e in ordinamenti comunali alla Lombardia".

· Contemporaneamente, l'élite salita al potere in Toscana e nell'attuale Emilia-Romagna, reclamò l'annessione immediata e Torino a riguardo decise di indire dei plebisciti. I risultati furono totalmente drogati: in Toscana vi furono 366.000 voti favorevoli contro 19.000 contrari. Filippo Culetti (un agente segreto del Regno di Sardegna), fu inviato con 80 carabinieri in borghese in Toscana e Emilia e nel libro "La verità intorno agli uomini e alle cose del regno d'Italia" scrive "constatato come soltanto un piccolo numero di elettori si presentò, noi, nel momento della chiusura delle urne, vi gettammo i polizzini (naturalmente in senso piemontese) di quelli che s'erano astenuti" e poi "in alcuni collegi, l'immissione nelle urne dei polizzini degli astenuti, si fece con tanta trascuratezza, che lo spoglio dello scrutinio diede un maggior numero di votanti, di quello che lo fossero gli elettori iscritti". Nello stesso tempo, il "barone di ferro" Bettino Ricasoli impartiva le seguenti disposizioni "gli imprenditori agricoli, a capo dei loro amministrati, il più influente proprietario rurale a capo degli uomini della sua parrocchia, il cittadino più autorevole a capo degli abitanti di una strada, ordineranno e condurranno gli elettori alle urne della nazione" e in questa occasione nacquero le celebri parole sempre di Ricasoli "chi non vota, non pota! " (o meglio, sarà licenziato).

· Nel 1860, con la conquista del Regno delle due Sicilie, delle Marche e dell'Umbria, l'esperienza dei "plebisciti - farsa" si ripete nuovamente. Cesare Cantù, da Napoli, ci racconta "il plebiscito giungeva fino al ridicolo, poiché oltre a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la più parte erano incompetenti, senza tampoco accertare l'identità delle persone e fin votando i soldati, si deponevano in urne distinte i "sì" e i "no", lo che rendeva manifesto il voto; e fischi e colpi e coltellate a chi lo desse contrario. Un villano gridò: "Viva Francesco II" e fu ucciso all'istante".

· Il 17 marzo 1861, il Parlamento di Torino proclamò Vittorio Emanuele II, primo Re d'Italia "per grazia di Dio e volontà della Nazione" (!!!)

· Nel 1866, con la terza guerra d'indipendenza e l'annessione del Veneto, i Sì a tal plebiscito furono il 99,99% e nel 1870, con l'annessione di Roma, i Sì furono il 98,9%

· Infine quando nel 1919-20 si ebbe l'annessione del Trentino, lo Stato italiano si guardò bene dal concedere nuovi plebisciti (che pure vennero chiesti), poiché in tal caso, data l'alta presenza di tedeschi e slavi, il risultato sarebbe stato alquanto pericoloso.

Appare quindi evidente quanto tali plebisciti furono predeterminati nei loro esiti e pertanto incompatibili con il libero esercizio della democrazia referendaria. Voto pubblico, registri elettorali maltenuti o addirittura inesistenti, mancanza di ogni controllo di identità dei votanti e aggiunta di voti inesistenti: così fu fatta, "democraticamente", ma senza l'appoggio degli "italiani", l'Italia.

Concludendo, per quanto riguarda il processo di unificazione politica dell'Italia, c'è da dire che termini come "risorgimento italiano" o "nazionalità italiana" sono da considerarsi totalmente fuori luogo, in quanto non ha mai avuto luogo un "sorgimento italiano", non esiste un "territorio naturale italiano", non esiste una effettiva "popolazione italiana dalle origini comuni", non esiste una originaria "lingua italiana" e soprattutto, non è mai esistito un "comune senso di appartenenza" da parte dei cosiddetti "italiani".

Il mito del Risorgimento italiano, da un punto di vista culturale, non è stato altro che un fenomeno illusorio, ma ben confezionato da una piccola e molto zelante élites politica-culturale, che per svariate ragioni credeva o più semplicemente voleva credere nell'esistenza di una nazionalità italiana. Ciò con il tempo, ha dato origine a forse uno dei più vasti esperimenti sociologici di questo mondo e cioè la creazione artificiale e coercitiva di una nazionalità, quella italiana. Si spiega bene a questo punto il detto "fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani" e in ciò non vi sarebbe nemmeno niente di male, se non stessimo parlando di esseri umani.

Da un punto di vista strettamente politico, invece, il Risorgimento italiano non è stato altro che una semplice guerra di conquista, in certi casi dai tratti molto fortunati e portata avanti da una casa regnante che non proveniva nemmeno dalla penisola, ma bensì dalla Savoia francese, terra indubbiamente straniera.

1 commento:

Anonimo ha detto...
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